Stoner - John Williams

La nostra recensione

Un romanzo stupendo, che racconta la storia di un uomo qualunque con una abilità narrativa straordinaria. Questa potrebbe essere la sintesi dei commenti sulla straziante vicenda di Stoner, la cui vita "normale" , priva di episodi salienti o gesta eclatanti, assomiglia a quella di ciascuno di noi. Una vita normale ma non banale quella del protagonista che è un po' il simbolo dell' anti-eroe in quanto sceglie di non scegliere, di non opporsi agli eventi. Un po' per carattere e un po' perché figlio del suo tempo, Stoner accetta senza mai ribellarsi tutte le regole e le imposizioni sociali. In gioventù le sue scelte (gli studi, la futura moglie) sembrano indicare la volontà di seguire la propria strada e le proprie passioni. Tuttavia nel matrimonio diventa così passivo e riluttante a prendere una posizione da irritare il lettore: verrebbe voglia di scuoterlo e farlo uscire dalla passività con la quale sopporta le angherie, le cattiverie e persino il disprezzo della moglie. Anche la sua incapacità di mantenere una buona relazione con la figlia aiutandola in questo modo ad affrancarsi dalla madre ha dato fastidio a qualche lettrice. Stoner lascia che la vita gli scivoli addosso senza prendere decisioni importanti, in modo remissivo e accettando tutto. Reagisce e si riscuote solo quando sono in gioco lo studio e il mondo accademico nel quale si rifiuta di far entrare Walker, un raccomandato incompetente che egli giudica inadatto all'insegnamento. Qualcuno ha fatto notare che Stoner vive nell'angolo, nel bovindo della casa così come ai margini della società, chiuso in quelle aule universitarie che sono diventate il suo rifugio. A salvarlo da una vita altrimenti piatta è l'amore per la letteratura, così come la relazione con Katherine che fa sperare al lettore in un qualche riscatto o lieto fine mentre invece sarà solo un breve istante di luce nella sua esistenza grigia. Già l'incipit raccoglie tutto il senso del romanzo e sintetizza in poche righe l'incapacità di Stoner di farsi ricordare, di lasciare traccia di sé. Qualcuno si è chiesto: "In fin dei conti che cosa ha dato Stoner agli altri per essere ricordato?" E poiché il tratto distintivo del protagonista sembra essere l'isolamento e una certa inettitudine affettiva, il fatto di non aver lasciato nulla dietro a sé è parso imperdonabile. Qualcuno ha invece scorto qualche presa di posizione nell'arco della sua vicenda: innamorarsi di Katherine e avere con lei una relazione oppure rifiutarsi di andare in guerra ad esempio. Si possono addirittura interpretare certi avvenimenti come delle piccole rivincite personali: il suocero si suicida in seguito al tracollo post bellico mentre Stoner prosegue la sua vita da docente senza scossoni; riesce poi ad ottenere il corso all'università nonostante l'ostilità di Lomax; Katherine riesce a fare carriera e alla fine gli dedica un saggio; la figlia diventa anche troppo "popolare" come desiderava la madre. Nonostante ciò rimane un libro amaro, che lascia uno strascico di profonda tristezza. La lezione che si può trarre dal libro - ha concluso il Gruppo di lettura - è che se su un romanzo di un uomo qualunque c'è così tanto da dire ciò significa che la vita di ciascuno di noi è importante e meritevole di essere raccontata. A far la differenza allora è la scrittura, la narrazione in sé. La scrittura infatti è la vera protagonista del romanzo: essa possiede una carica emotiva tale da tenere il lettore sempre appeso, senza mai subire un calo o un cedimento di tono. Notevole in particolar modo l'epilogo con la descrizione della morte così accurata e dettagliata, fino all'ultimo movimento: il libro che cade e il pensiero ancora consapevole di Stoner di aver vissuto la sua vita, seguendo una rotta tracciata, un binario prestabilito che non avrebbero potuto essere diversi.