Quel che si vede da qui - Mariana Leky

La nostra recensione

Gruppo diviso a metà, tra chi non ha apprezzato il romanzo, ritenendolo una favoletta inconsistente, e chi l’ha adorato. Niente mezze misure quindi per le lettrici – tutte donne – presenti all'incontro. Deluse dalla storia banale, infastidite da alcuni dettagli appena abbozzati e poi lasciati appesi, alcune lettrici hanno sottolineato l’assenza di una scrittura coinvolgente e di una compiutezza di stile. I sentimenti e le intenzioni dei personaggi non sono esplicitati e ci sono dei salti temporali che frammentano la vicenda, soprattutto quello dopo la morte di Martin. Prima opera ancora in erba per qualche lettrice, forzatura editoriale per qualcun’altra. Nonostante il giudizio negativo, tutte hanno evidenziato come i due protagonisti – Selma e l’ottico – siano ben delineati e caratterizzati. Meno riusciti invece gli altri personaggi, a cominciare dai genitori di Luise, entrambi assenti e evanescenti. Per tutte le altre lettrici, al contrario, un libro splendido e rasserenante che offre uno sguardo originale, ovvero l’attenzione per alcuni aspetti e dettagli che solitamente passano inosservati. Già l’incipit sottolinea questa capacità di distinguere che va oltre il vedere e in cui l’ottico è maestro d’eccezione. Con il suo sguardo acuto e la sua empatia riesce ad entrare in sintonia con tutti. Il ruolo che svolge nella vita di Luise e di Martin è fondamentale e l’amore per Selma – seppur inconfessato – crea un legame profondo e duraturo. La nonna a sua volta è il fulcro e il perno della famiglia e dell’intero villaggio. La scena in cui si porta appresso Luise straziata dalla perdita di Martin evoca da sola tutto il dolore della bambina. Una fiaba moderna che ruota attorno ad una piccola comunità in cui le relazioni e la solidarietà sono centrali. I fatti sono quello che contano e le emozioni dei personaggi così come il loro carattere vengono descritti attraverso le loro azioni. Un libro sull’amore, l’amicizia, l’aiuto e il sostegno reciproco. Geniale la trovata dell’okapi, foriero di morte, la quale però è accettata e vissuta come parte dell’ordine naturale delle cose. Anche il cane Alaska, metafora del dolore incapsulato del padre di Luise, è un personaggio straordinario. La natura, sinfonia di azzurro verde e oro, circonda il piccolo paese e contribuisce al ritratto originale dei suoi bizzarri abitanti. La magia e l'elemento fiabesco e soprannaturale hanno ricordato la letteratura sudamericana ma anche quella nordica e mitteleuropea, soprattutto per la figura di Elsbeth. Un romanzo a cui ci si deve accostare senza particolare pretese ed aspettative per apprezzarne l’atmosfera onirica in cui immergersi piacevolmente.