Rosa candida - Auður Ava Ólafsdóttir

La nostra recensione

Gruppo di lettura nettamente diviso per "Rosa candida" della scrittrice islandese Auður Ava Ólafsdóttir. Per una parte di lettori/lettrici si tratta di una storia non realistica, con molte incongruenze e infarcita di dettagli che non concorrono a svilupparne la trama apparendo così inutili orpelli, come l'intervento di appendicite e il passaggio in auto alla figlia del gestore della pensione. Qualcuno è stato infastidito anche dal fatto di non sapere dove fosse ambientato esattamente. I film come terapia, i poteri quasi taumaturgici della figlia Flora Sol, la crescita al contrario di Lobbi che diventa padre a 22 anni e solo successivamente compie un processo evolutivo sono tutti elementi che hanno contribuito ad un giudizio negativo confermato da una scrittura senza segni particolari e da uno stile disunito. Romanzo apprezzato, al contrario, da oltre la metà dei lettori/lettrici per la serenità che infonde, per il sogno di un giardino lussureggiante e multicolore da sostituire alla terra lavica d'Islanda su cui Lobbi è cresciuto. Il tema centrale è quello della cura: prendersi cura di sé, della piccola Flora Sol e delle rose. Lobbi parte per realizzare un desiderio profondo che lo lega alla madre - coltivare le rose - e finisce per diventare oltre che un bravo giardiniere un ottimo padre. Nel suo viaggio porta con sé una foto della figlia e alcune talee, a simboleggiare l'inizio di una nuova vita. E' piaciuto anche il modo in cui è stato trattato il tema della paternità, con un rovesciamento di ruoli che appartiene alla cultura nordica e che da noi sembra ancora molto lontano: la giovane donna sceglie autonomamente di tenere la bimba, Lobbi sembra non aver voce in capitolo ma tuttavia è presente al parto. Successivamente sarà Anna a seguire il suo percorso di studi e le sue aspirazioni mentre il neo papà si occuperà della bambina. Il finale aperto è comunque di buon auspicio e sottolinea il procedere dei protagonisti, il loro andare avanti nel tentativo di realizzarsi. I film di Padre Tommaso che vengono proposti a Lobbi appartengono al linguaggio universale consentendo non solo la relazione tra il giovane e l'anziano monaco, ma trasmettendo a Lobbi un messaggio che il ragazzo è in grado di cogliere anche se non c'è il doppiaggio. I lettori/lettrici che non hanno apprezzato il romanzo hanno trovato anche questo particolare inverosimile in quanto grazie ai film Lobbi sarebbe in grado di capire se stesso senza neppure la mediazione della lingua. Ancora, per gli stessi lettori/lettrici, il romanzo è un'occasione sprecata in quanto spunti e idee interessanti si trasformano in banali clichè: il viaggio, il monastero, il giardino. Tutte/i coloro a cui invece il libro è piaciuto, ne hanno apprezzato i toni leggeri e l'ambientazione da favola: un romanzo di formazione genuino e incantevole pervaso di gentilezza e di buoni sentimenti. Una lettura piacevole, rilassante e lieve ispirata e dedicata ai giovani, alla loro fatica di crescere e di trovare la loro strada, ai sogni e alle aspirazioni a cui non si deve rinunciare.