The body - Stephen King

La nostra recensione

Lettrici e lettori divisi in tre gruppi all'incontro di ieri su "The body" di Stephen King: gli appassionati che già lo conoscevano, i detrattori che non amano il genere e i dettagli macabri, e tutti gli altri che per la prima volta - magari con scetticismo - ne hanno intrapreso la lettura e ne sono rimasti favorevolmente colpiti.

In parte autobiografico, il romanzo è innanzitutto una storia di formazione e di amicizia tra quattro ragazzini nell'estate di passaggio tra l'infanzia e l'età adulta. Nell'America rurale del 1959 quattro amici in qualche modo segnati dall'ambiente famigliare intraprendono un viaggio alla scoperta del cadavere di un loro coetaneo.

La loro avventura - attraverso la discarica, il ponte ferroviario, la notte nel bosco - li mette di fronte alle paure e ai demoni che appartegono a loro come a ciascuno di noi, per culminare con il primo impatto tragico con la morte che rappresenta il punto di svolta e la perdita dell'innocenza.

Le loro giovani vite peraltro sono già irte di difficoltà, con famiglie disagiate alle spalle, i ragazzi più grandi e violenti da affrontare, le scelte future già segnate da un destino a cui non possono sfuggire. In questo senso la casa sull'albero rappresenta un rifugio dal mondo brutale con cui già sono alle prese. Se letto ad un primo livello si tratta di una storia di amicizia e del ritrovamento di un cadavere. Ad un livello più profondo si rilevano però un'aspra critica sociale e soprattutto la capacità dell'autore di analizzare e descrivere il sentire dei bambini, la loro sfiducia di fronte alla malvagità e falsità degli adulti, l'importanza degli amici come unico punto di riferimento, la complicità e lo stretto legame che è costituito anche dal prendersi cura, in particolare di Teddy il più debole dei quattro.

Da sottolineare anche il rapporto che King crea con il lettore, uscendo spesso dalla storia e rivolgendosi a lui direttamente senza nascondere le motivazioni del suo scrivere, intime ma anche economiche.

I lettori e le lettrici che non l'hanno apprezzato hanno indicato in King un operaio della scrittura che affronta temi e situazioni già noti nella letteratura e che si sofferma morbosamente su dettagli macabri. La scrittura, definita distaccata e asettica senza coinvolgimento da parte dello scrittore, si riflette poi nella mancata pietà dei ragazzi quando si ritrovano davanti al corpo.

Di diverso parere gli altri che immedesimandosi nelle dinamiche di gruppo di quell'età comprendono che a prevalere sono la spavalderia e il coraggio, la sbruffoneria e la ricerca continua della sfida che necessariamente reprimono il sentimento di pietà che diverrà prevalente - e non in tutti - solo negli anni successivi.