La bellezza delle cose fragili - Taiye Selasi

La nostra recensione

L’esordio narrativo della scrittrice Taiye Selasi ha colpito positivamente tutti i componenti del nostro gruppo di lettura. Nata a Londra e cresciuta a Boston, Selasi ha riportato in vita le sue origini ghanesi e nigeriane con notevole profondità ed eleganza in questa storia parzialmente autobiografica. Il libro si apre con la scena, quasi cinematografica, di una morte annunciata da chiari sintomi e placidamente osservata, e probabilmente accettata, dal protagonista. Kweku Sai, stimatissimo cardiologo, si spegne per un infarto all’alba nella sua casa davanti al mare ghanese. Lentamente, tramite una serie di flashback e salti temporali, scopriamo come il resto della sua famiglia, sparsa in luoghi distanti, viene a conoscenza del tragico evento. L’amata moglie Fola, che ha rinunciato ad una promettente carriera da avvocato per sostenere la carriera del marito. Il figlio maggiore Olu, taciturno e intelligentissimo, così simile al padre da eccellere, come lui, nella carriera di chirurgo. I due gemelli Kehinde e Taiwo, legati da un rapporto indissolubile, bellissimi e inquieti. E infine la piccola Sadie, molto più giovane dei fratelli, non è dotata di straordinarie doti fisiche o intellettuali e alimenta la sua insicurezza e la sua solitudine con un devastante senso di inferiorità. Molti lettori hanno faticato ad apprezzare il libro nella sua parte iniziale in cui la narrazione è più frammentata e discontinua. Un evento particolare però ha fatto da spartiacque nella storia conquistando l’attenzione e il coinvolgimento di tutti i lettori: un giorno Kweku, nonostante le sue indiscusse doti di chirurgo, viene licenziato ingiustamente con una falsa accusa di negligenza. I partecipanti del nostro gruppo di lettura hanno trovato commovente e magistralmente descritto, il senso di profonda vergogna che spinge Kweku a chiudersi in sé stesso e a tacere l’accaduto alla moglie, memore del sacrificio da lei compiuto per permettergli di eccellere nella sua professione. L’uomo sceglie piuttosto di fuggire lontano, lasciando gli Stati Uniti e tornando in Ghana, piuttosto che affrontare il dolore di svelare a sua moglie e ai suoi figli il suo fallimento. Una famiglia all’apparenza felice e unita finisce per dissolversi a causa di questa decisione e del peso insostenibile di troppi silenzi. Ognuno reagisce in modo diverso al trauma dell’abbandono del padre, spostandosi in luoghi distanti, dagli Stati Uniti al Ghana, da Londra alla Nigeria. Probabilmente una delle uniche obiezioni che i partecipanti del nostro gruppo hanno sollevato rispetto il romanzo è quella di essere fin troppo “denso” di eventi. A molti di noi è parso che la scrittrice abbia voluto toccare fin troppi temi in un’unica opera, correndo il rischio, a tratti, di far sembrare questa saga famigliare quasi irrealistica. Uno dei pregi maggiori di questa opera prima è probabilmente il fatto di non aver, per una volta, condannato l’Africa al ruolo di luogo da cui fuggire, quanto piuttosto ad un luogo di “rinascita”, in cui permettersi una seconda possibilità. Il nostro gruppo di lettura ha apprezzato molto le descrizioni, poetiche ed ammalianti, della natura e della cultura africana. Il sapore dei cibi, i colori degli abiti, il ritmo delle danze e delle lingue e perfino l’architettura delle case locali sono descritti con raffinatezza e grande efficacia, trasportando il lettore in un mondo incantato in cui i miti e le leggende non sono mai stati completamente eradicati dalla vita quotidiana.