Le quattro ragazze Wieselberger - Fausta Cialente

La nostra recensione

Il romanzo di Fausta Cialente, vincitore del Premio Strega nel 1976, ha rappresentato una piacevole scoperta per i lettori del nostro gruppo. Sconosciuta ai partecipanti, la scrittrice ha conquistato tutti con il suo stile narrativo ricercato e di grande eleganza. La prima parte del romanzo ci accompagna nella Trieste di fine Ottocento, all’interno dei salotti sontuosi della famiglia Wieselberger: qui le quattro sorelle Alice, Alba, Adele ed Elsa, sono solite assistere ai concerti dell’orchestra diretta dal padre, celebre musicista, ed intrattenersi in conversazioni e balli con intellettuali e personalità illustri del loro tempo. Alcuni lettori del nostro gruppo avrebbero preferito un’analisi più profonda dei rapporti tra le sorelle (probabilmente influenzati anche dal paragone con “Piccole donne”, di cui la Cialente è stata traduttrice). Ma la vera protagonista, in questa prima parte del romanzo, sembra in realtà essere la città di Trieste, affascinante e vitale, un crogiolo di razze e di lingue e un operoso sbocco sul mare per un grande Impero. I venti del cambiamento soffiano però forti sulla città: dal sogno irredentista, condiviso con forza anche dalla famiglia Wieselberger, al malcelato fastidio verso le minoranze, prima la tutte quella slava. Secondo alcuni di noi in questa prima parte la narrazione, seppur efficace, è risultata un po' distaccata e rigida, soprattutto se paragonata alla seconda parte del libro che, con una cesura netta, riporta i ricordi personali della scrittrice, figlia di Elsa, ultimogenita della famiglia Wieselberger. Nella narrazione si fa pian piano spazio la critica sociale nei confronti della borghesia dell’epoca e soprattutto nei confronti della posizione della donna. Il nostro gruppo di lettura ha apprezzato il modo in cui l’autrice ha abilmente intrecciato la storia privata della sua famiglia con la Storia italiana ed europea in uno spazio temporale così incandescente e tragico come quello che comprende la Grande Guerra, l’ascesa del Fascismo e il secondo conflitto mondiale. La Cialente ha dimostrato con molta lucidità e puntualità tutta l’arroganza e la presunzione dei politici, dei generali e dei borghesi che hanno spinto l’Italia dentro al baratro di una guerra per la quale era totalmente impreparata condannando al massacro un’intera generazione. La vita della famiglia Cialente è un continuo spostamento di città in città, da Cagliari a Roma, da Firenze a Milano e non stupisce certo che, dopo il matrimonio, la scrittrice si sposti di nuovo, questa volta in Egitto, dove, nel 1943, collaborerà per Radio Cairo per la messa in onda di trasmissioni antifasciste. La scena finale è probabilmente la più toccante di tutto il libro e si svolge in Kuwait, dove la scrittrice ha raggiunto la figlia e le nipotine. Rappresenta la chiusura di un cerchio che non è perfetto, come la vita di ognuno di noi, ma che ha cercato di trovare un senso e uno scopo anche e soprattutto nei momenti più bui.