Una cosa divertente che non farò mai più - David Foster Wallace

La nostra recensione

Il libro di David Foster Wallace ha suscitato reazioni contrastanti tra i lettori e le lettrici del Gruppo. L'intenzione era di scegliere un libro divertente ma a detta di tutti, a parte l'avverbio contenuto nel titolo, si ride molto poco rispetto alle aspettative. Salace e ironico, questo resoconto di un viaggio per mare su una nave da crociera extralusso induce molte riflessioni e suscita appena qualche sorriso. La struttura del libro già ha posto il primo ostacolo: fitto di note che accompagnano il testo integrandolo ulteriormente con aneddoti e osservazioni, ha reso la lettura frammentata costringendo il lettore a continue divagazioni e interruzioni. Tuttavia - per assurdo - proprio le note sono state apprezzate e accolte con maggior entusiasmo rispetto all'esile testo narrativo. Alcune lettrici non sono riuscite ad arrivare alla fine, sentendolo distante dalle proprie corde e denso di descrizioni prolisse e maniacali. Altri partecipanti che avevano avuto l'esperienza della crociera si sono invece ritrovati pienamente, condividendo con l'autore l'analisi da un lato dell'efficienza del personale di bordo, rasente talvolta la piaggeria, e dall'altro la descrizione della sfacciataggine e mancanza di rispetto di quei turisti che Wallace definisce "caproni". Lo stile narrativo, particolarissimo e originale, è tutto basato su perifrasi e metafore. L'impressione è che lo scrittore giochi con le parole dando vita ad una scrittura ironica e schietta ma al tempo stesso anche pungente e amara: in fondo Wallace mostra i lati più biechi dell'essere umano anche se apparentemente concentrato solo su una piccola schiera di vacanzieri chiusi in un esclusivo albergo galleggiante. Il romanzo è stato apprezzato per l'onesta presa di posizione dello scrittore che non esita a manifestare il suo arguto dissenso per la rigida gerarchia del personale di bordo ossequioso oltre ogni limite per il timore di lavate di capo, per il susseguirsi di pasti e spuntini di un'opulenza marcatamente sfacciata, per l'accondiscendente sfruttamento di uomini e donne al completo servizio di viziati crocieristi americani. E però lo scrittore non risparmia nemmeno una sagace autocritica, mettendo in luce non solo le sue personali idiosincrasie e fisime ma anche la sua capitolazione finale, assumendo suo malgrado l'atteggiamento del turista becero e sprezzante ma soprattutto entrando a pieno titolo nella viscosità di quella crociera patinata promessa dalle brochure pubblicitarie.