Le braci - Sándor Márai

La nostra recensione

Giudizio unanime di tutte le lettrici e i lettori del Club del Martedì a cui il libro è piaciuto moltissimo per l'eleganza e la raffinatezza della narrazione, per il contesto storico in cui si svolge e per la struttura quasi teatrale del romanzo, con un antefatto e lo snodo successivo rappresentato dal tradimento, la disillusione, l'isolamento del protagonista. Temi centrali del romanzo sono l'Amicizia, così intensa e profonda in due giovani che condividono il collegio e la carriera militare; l'amore, inteso come passione ed eros che attraversano Henrik, Konrad e Krisztina; la dedizione alla Patria, intesa sia come Paese (l'impero austro-ungarico) sia come terra e casa alle quali si sente di appartenere. Henrik e Konrad sono complementari: il rigore e il senso del dovere dell'uno trovano nella sensibilità e natura artistica dell'altro il proprio alter ego. Poi irrompe l'elemento di rottura, Krisztina, che alcuni lettori hanno considerato l'unica vera vittima di tutto l'intreccio. La grande abilità di Marai consiste nello svelare a poco a poco la vicenda, tenendo il lettore con il fiato sospeso in un'atmosfera indistinta, in cui le cose vengono dette e taciute allo stesso tempo, tanto da far dubitare che i fatti siano accaduti. Nonostante il lunghissimo monologo di Henrik, infatti, il tradimento non è mai dichiarato apertamente ma lasciato intendere grazie a pochi, essenziali dettagli. I pensieri di Henrik, che quasi ininterrottamente e ossessivamente lo accompagnano per 41 anni, riprendono la tecnica del flusso di coscienza che nella prima parte del '900 caratterizzava tanta letteratura mitteleuropea sulle basi delle scoperte psicoanalitiche. Marai scava nell'intimo di Henrik rivelando una personalità sofferente, un bambino trascurato che trova nella balia Nini l'unico legame affettivo davvero importante. Henrik si rivela in fondo incapace di comunicare emozioni e sentimenti, diventando così vittima di un tradimento quasi scontato, considerata l'affinità che lega Krisztina e Konrad. I tre protagonisti stanno come monoliti isolati, a testimoniare la rigidità dell'ambiente sociale in cui si ritrovano a vivere, vittime di un'educazione sentimentale povera di comunicazione ed empatia che li riduce in solitudine. Il soliloquio finale di Henrik non cerca risposte se non un tacito assenso da parte di Konrad. I due amici si comprendono senza bisogno che Konrad spieghi, si giustifichi o chieda scusa. L'epilogo del romanzo, che molti si aspettavano contenesse colpi di scena o improvvise reazioni da parte del Generale, sottolinea invece il riannodarsi di un legame antico nonostante gli anni e gli avvenimenti trascorsi, ma lascia il lettore in sospeso, a fare i conti con l'ambivalenza emotiva che pervade tutto il romanzo. La verità assoluta dei fatti, così tanto agognata, non esiste: Henrik lo comprende alla fine rinunciando a scoprire ciò che l'ha tormentato per anni. O forse accettando semplicemente di aver sempre saputo. Il desiderio di vendetta che ha bruciato per anni si spegne in presenza dell'amico consumandosi come la candela che rimanda al titolo originale Il diario gettato alle fiamme, il quadro ricollocato al suo posto e il bacio fuggevole a Nini diventano l'esito per nulla scontato di un grande romanzo che possiede una musicalità che spesso manca ai romanzi degli scrittori del nostro tempo.