Resta con me - Elizabeth Strout

La nostra recensione

È piaciuto moltissimo questo romanzo corale che porta avanti più temi e presenta personaggi diversi collocati in una piccola comunità del Maine alla fine degli anni ’50. Si fa un po' fatica ad entrare in questo mondo ricco di sfumature e avvenimenti ma poi la scrittura garbata, le descrizioni attente e misurate, la caratterizzazione dei personaggi catturano completamente il lettore. Tyler fa il suo ingresso portando con sé una ventata di giovinezza e di rinnovamento ma soprattutto di grande altruismo. Si dedica agli altri, quasi si perde nell’amore per gli altri, e i suoi sermoni sono accorati e mai banali. La pienezza della vita si esprime per lui attraverso la fede. La moglie però non gli si addice, non condivide il coinvolgimento del marito e non partecipa alla vita della comunità che la giudica frivola e scostante. La fede del nuovo pastore è priva di cedimenti e Tyler si affida ad essa incondizionatamente, nascondendo una sua debolezza intrinseca che si manifesta nelle relazioni più strette, con la moglie e la madre che il pastore cerca di accontentare in tutti i modi sottomettendosi al loro volere. Il suo mondo e le sue certezze vanno in frantumi quando la moglie muore. In preda allo sconforto, Tyler perde assieme alla moglie tutti i suoi punti di riferimento ma non è un uomo abituato a chiedere aiuto e ad ammettere le sue difficoltà. Il suo dolore si esprime attraverso il distacco dalla sua comunità e dalla figlia Katherine che rifiuta di credere abbia a sua volta subìto un trauma. La comunità a questo punto gli si rivolta contro proprio per aver mostrato le crepe della sua vita, e inoltre per l’ottusità e l’improvvisa distanza dai bisogni dei suoi parrocchiani. Solo Connie capisce ciò che gli sta accadendo e i due entrano in una sintonia emotiva che i maligni scambieranno per relazione sentimentale. Il voltafaccia della comunità è dunque repentino e le conseguenze si abbattono su Tyler e su Katherine. Tutti giudicano Tyler, ogni occasione è buona per sparlare di lui e della sua inadeguatezza. Persino la madre, che prende con sé la bambina più piccola, si impone a lui giudicandolo incapace di far fronte alla situazione. L’ambiente scolastico è sordo alle esigenze di Katherine, non giustifica il suo comportamento e le tanto declamate teorie freudiane servono solo a dimostrare gli errori di Tyler come padre e la superiorità della maestra, priva peraltro di qualsiasi sensibilità. La Parola nel romanzo ha un ruolo significativo: Tyler inizialmente predica a braccio, poi è costretto a leggere i sermoni perché le parole spontanee vengono meno e infine si chiude in un silenzio che sfocia nel pianto disperato fatto unicamente di suoni inarticolati durante la funzione. Allo stesso modo Katherine non ha più parole perché non trova spiegazioni e consolazione per la perdita della madre. In compenso fioccano e abbondano le parole espresse attraverso i pettegolezzi e le maldicenze. Il vero cammino di fede, fatto anche di ripensamenti, domande e dubbi, inizia per Tyler solo nel momento di crisi. Significativo che sia proprio l’uomo meno devoto e più trasgressivo – il marito adultero - a offrirgli appoggio e solidarietà. Attorno alla vicenda di Tyler si svolgono altre storie in parallelo: dietro la maschera perbenista ogni personaggio e ogni famiglia nasconde segreti e comportamenti inaccettabili per la comunità. Un libro di ombre e di luci, di meschinità e di speranza in cui la scrittrice offre al lettore uno sguardo imparziale e privo di qualsiasi giudizio morale.