Quel che si vede da qui - Mariana Leky

La nostra recensione

Per la maggior parte dei lettori e delle lettrici il romanzo si è rivelato straordinario, per alcuni addirittura uno dei libri più belli in assoluto. Toni meno entusiastici da parte di pochi a cui è piaciuto ma con qualche riserva. Narrato in prima persona da Luise, dapprima bambina e poi donna adulta, il romanzo ha due protagonisti d'eccezione. Selma è il fulcro, la roccia e il sostegno di chi le vive accanto e dell'intera comunità: "il mondo intero faceva ogni cosa al ritmo del suo battito". L'ottico ha un'attenzione e uno sguardo vigile che si posa su ogni singolo dettaglio emotivo ed è quindi capace di grande empatia. E questa sua caratteristica ne rende addirittura superfluo il nome, che si scopre solo alla fine, perché il suo essere l'Ottico è l'unica cosa che davvero conta. Assieme si prendono cura dei due bambini - Luise e Martin - offrendo loro tutto l'amore e le cure di cui hanno bisogno. L'amicizia tra i due, possibile solo grazie al fatto che l'amore dell'ottico viene taciuto ed eluso, è un sentimento puro e commovente. Luise conduce una vita semplice ma appagante e con tenacia e pazienza attende che Frederick sia pronto per quell'amore che lei non può trasformare in nessun modo. Non prende tuttavia l'iniziativa e rimane in placida attesa. A modo loro sia lei che Frederik rifuggono il mondo, l'una amorevolmente stretta nel piccolo villaggio, l'altro chiuso nel monastero buddista. Quello che invece è votato all'avventura è il padre di Luise, mai sazio di esperienze, sempre irrequieto e distante. La madre, altrettanto assente, conduce anch'essa una vita priva di responsabilità e impegni genitoriali. Tutti i personaggi sono caratterizzati non dalla descrizione dell'aspetto fisico ma dalle loro azioni, da ciò che fanno. Anche i personaggi minori come Elsbeth e Marlies. E questo è un punto di vista molto originale che è stato particolarmente apprezzato. La prima parte si chiude con la morte di Martin che accade in modo così precipitoso e inatteso da lasciare il lettore senza parole. Straziante la scena di Luise che per tre giorni resta aggrappata a Selma. Il senso di perdita pervade l'intero romanzo e l'okapi, così esotico ed estraneo alla comunità, è proprio per questo premonitore di morte. Eppure quest'ultima è vissuta con serena accettazione, fatto incontrovertibile dell'esistenza. Con ironia e leggerezza Luise ci racconta i preparativi che ciascun abitante fa in vista di una possibile dipartita, propositi e promesse che vengono poi dimenticati in fretta una volta scampato il pericolo. La magia e l'elemento fiabesco e soprannaturale hanno ricordato a qualcuno la letteratura sudamericana, ma anche i Fratelli Grimm e la fiaba popolare possono aver ispirato l'autrice. Già dal titolo e dall'incipit si intuisce che lo sguardo è il vero protagonista del romanzo: la capacità di vedere ma soprattutto di distinguere è ciò che dà un senso a tutto. Infine le relazioni, la rete di supporto all'interno della piccola comunità, diventano veicolo di salvezza essendo il darsi agli altri e la solidarietà fondamentali per alleviare i pesi di ciascuno. L'epilogo del romanzo non è affatto scontato: Luise prende in mano la sua vita e finalmente affronta il mondo mentre Frederik rimane nella casa di Selma avendone cura e sostituendo la Nonna in qualche modo. Un libro toccante che rasserena il lettore, un gioiellino pieno di tenerezza commozione e ironia.