Sei come sei - Melania Mazzucco

La nostra recensione

Apprezzato quasi all’unanimità per la descrizione e l’analisi delle dinamiche adolescenziali e per le riflessioni suggerite dai molti temi trattati, primo tra tutti quello delle famiglie omogenitoriali. Il libro si apre con un capitolo duro che mette in risalto le contraddizioni e le difficoltà degli adolescenti con una scena in cui il bullismo pesante e insistente di cui Eva è vittima innesca una reazione che sfiora la tragedia. L’incomunicabilità tra Eva e Loris, l’incapacità di uscire dai ruoli di vittima/carnefice e di raccontarsi quello che provano l’una per l’altra sono ben delineati. Il viaggio che Eva intraprende, da undicenne molto matura per la sua età, è un viaggio di disperazione per fuggire ad un gesto che crede irreparabile. Ma è anche un viaggio d’amore, un ritorno al padre che l’ha accudita nei primi e fondamentali anni d’infanzia. E, in ultima analisi, anche un percorso interiore e di crescita, tanto più che diventa donna in quel breve periodo di tempo per tornare a Milano altra e diversa da prima. Il tema dominante a detta di tutti i presenti resta quello dell’Amore coniugato in vari modi: quello tra i due adolescenti, quello tra Christian e Giose e quello genitoriale. Traspare in tutto il romanzo l’idea che un genitore ami un figlio a prescindere dal dna, dalla biologia, dalla trasmissione dei suoi geni. Ci sono sembrati un po’ stereotipati i due protagonisti maschili: Giose, l’artista un po’ sbandato sopra le righe, e Christian l’accademico rigido e inquadrato. I due finiscono per trovare un equilibrio nella relazione affettiva: Giose in particolare dimostra una sensibilità fuori dal comune che fa di lui una figura materna a tutti gli effetti, mentre Christian si scrolla di dosso un po’ di autocommiserazione e sensi di colpa, ritrovando se stesso dopo un matrimonio di convenienza per nascondere la sua omosessualità. Diventano così “due strumenti accordati sulla stessa tonalità”. Tutti hanno trovato commovente il riaccendersi della passione tra Giose e Christian davanti al quadro a Budapest, mentre il dolore di Giose per la perdita del compagno è stato definito né omo né etero bensì universale. Allo stesso modo, l’amore che lega Giose ed Eva, al di là dei ruoli e delle etichette imposte dalla società, è quello tra padre e figlia. Si aggiunge anzi il fatto che Giose funge anche da figura materna, amorevolmente accudente. Bella anche la figura dell’ex moglie di Christian e il suo ruolo nella vita di Eva, più importante delle altre donne della famiglia. Tra queste spiccano per durezza e insensibilità la nonna e la zia, rispettivamente madre e sorella di Christian. A voler dimostrare che il fatto di essere madri non significa essere automaticamente materne. Molti i temi – dicevamo – che il romanzo affronta e su cui costringe il lettore a prendere posizione: la maternità surrogata e il mercato abietto che si crea dietro a questo metodo; i diritti inesistenti dei partner al di fuori del matrimonio (Giose non può nemmeno effettuare il riconoscimento di Christian dopo l’incidente); la mancata considerazione della volontà del minore e delle sue relazioni affettive più profonde. Qualsiasi sia il pensiero del lettore, è costretto a fare i conti con la realtà dei sentimenti di tutti i protagonisti di questo romanzo. L’epilogo sembra comunque essere un segnale di apertura e speranza: la madre di Loris, avvocato, comprendendo la situazione non denuncerà Eva e i due ragazzi riusciranno a spiegarsi se non a parole a gesti, suggellando con la firma di Eva sull’ingessatura il riconoscimento di un giovane amore. Rimane l’interrogativo sul ruolo di Giose, “l’amico di famiglia” non tutelato da alcuna legislazione e che ciascun lettore resta quindi libero di immaginare nuovamente padre oppure no, a seconda delle sue idee e convinzioni. Il libro ha dunque il pregio di raccontare, con una scrittura diretta e asciutta, una vicenda scomoda che aveva destato scalpore quando il romanzo era stato proposto in un Liceo romano.