Un perfetto gentiluomo - Natasha Solomons

La nostra recensione

Un perfetto gentiluomo è piaciuto praticamente a tutti, coinvolgendo i lettori e le lettrici per la vicenda, l’ambientazione storico-geografica e la scrittura, pur con qualche distinzione. Alcuni hanno colto l'ironia e l'umorismo molto britannico in quella che sostanzialmente è una storia di rivalsa e di riscatto ma anche una riflessione sull’identità, sull’accoglienza e sulla necessità di cambiare senza per questo rinnegare le proprie origini. Nessuno l'ha trovato spassoso e divertente come ci si aspettava e anzi qualcuno l’ha trovato particolarmente triste e toccante. Al centro del romanzo una coppia molto diversa di rifugiati ebrei: Jack è tutto proiettato in avanti con la sua aspirazione ossessiva a farsi accettare pienamente, ad assimilarsi addirittura agli inglesi; Sadie invece è la custode della memoria della sua famiglia e si aggrappa a tutto ciò che la lega al passato, profondamente infelice a causa anche dei sensi di colpa per la tragica sorte dei genitori e del fratello. La distanza tra i due diventa incolmabile, in una casa in cui nemmeno si incrociano più, ciascuno assorto nelle proprie occupazioni: lui nello scavo delle buche del campo da golf, lei immersa nel ricettario o tra le piante del suo giardino. Entrambi perdono il senso della realtà, Jack rischiando non solo il tracollo finanziario ma anche la fine del matrimonio, mentre Sadie smarrita nel ricordo della sua vita precedente non è interessata né al presente né al futuro. Jack è già un Gentleman ma la sua ambizione è quella di superare se stesso e diventare più inglese degli inglesi, i quali invece si rivelano meschini e arroganti. Il lettore avverte tutta la sua fatica e frustrazione, così come si immedesima nel rimpianto di Sadie, tutto racchiuso nella scatola dei ricordi. La svolta avviene quando Jack è sul punto di rinunciare al suo straordinario progetto e Sadie decide invece di sostenerlo, scoprendosi improvvisamente combattiva e altrettanto determinata. La figura di Sadie, fino a questo momento più ai margini rispetto al protagonismo del marito, diventa fondamentale e sarà ancora lei ad intrecciare relazioni sociali significative con le donne del villaggio grazie alla torta che produrrà un effetto di empatia e solidarietà tipicamente femminili. La campagna e il paesaggio inglese fanno da sfondo ad un romanzo che tocca il delicato tema dell’integrazione, dell’accettazione dello straniero e della difficoltà di entrare a pieno diritto a far parte di una comunità senza per questo dimenticare la propria storia. I nomi sono importanti in tutta la narrazione: ci sono nomi che cambiano e nomi che hanno un significato non casuale. Jack sceglie per sé il nome dell’uomo verde della mitologia pagana; Sadie, che significa principessa, contiene anche l’aggettivo sad = triste. Curtis, infine, significa gentile. E proprio Curtis ha colpito tutti i presenti come personaggio cardine estremamente positivo, sia per l’amicizia che instaura con Jack sia perché rappresenta l’anello di congiunzione tra il passato e la modernità, tra i tempi antichi e il progresso che avanza. Questo Vecchio Saggio sceglierà proprio Jack quale erede e depositario della ricetta segreta del suo Sidro, una sorta di pozione magica da condividere solo con chi sente profondamente affine a lui. Un libro che a partire da una vicenda reale collocata storicamente si avvale anche di elementi fantastici, assumendo le caratteristiche di una fiaba, secondo lo schema di Vladimir Propp. Il lieto fine, per niente scontato, è stato particolarmente apprezzato per la raggiunta serenità e compostezza di Jack e per il passaggio del ricettario alla figlia Elizabeth, inglese di prima generazione, nella quale si fondono i desideri e le aspirazioni di entrambi i genitori.