L'imprevedibile viaggio di Harold Fry - Rachel Joyce

La nostra recensione

Gruppo di lettura diviso in due, tra chi ha apprezzato moltissimo il libro e chi invece l’ha trovato un po’ eccessivo ed esasperato e quindi poco coinvolgente. Chi ha colto il messaggio intrinseco del libro facendolo proprio l’ha letto con piacere, sentendo tutta l’affinità con il protagonista in cammino. Per qualcuno invece l’autrice ha calcato un po’ troppo la mano e ha sprecato l’occasione di creare un romanzo forte ed emozionante riempiendolo di personaggi che non si sviluppano e di troppi dettagli non realistici: dalle scarpe inadeguate con cui Harold percorre i mille chilometri, al fatto che rinunci ad avere con sé soldi e cellulare, per non parlare di abiti di ricambio e cibo. Per gli altri il lato fiabesco è una caratteristica del romanzo e le incongruenze con la realtà non ne sminuiscono il valore. Tutti concordi sul fatto che non sia un romanzo divertente o ironico ma profondo e intenso per le riflessioni che induce nel lettore che accompagna il protagonista nel suoi tre mesi attraverso l’Inghilterra. Abbiamo apprezzato il significato metaforico del Cammino che consente di osservare il paesaggio, di fare incontri imprevisti e soprattutto di pensare. Muoversi lentamente e in solitudine è un’occasione per riconsiderare la propria vita, guardare al passato e trarne un senso o comunque accettarlo, come accade ad Harold. Per lui però il viaggio è anche qualcosa di più: espiazione, superamento del lutto e dei sensi di colpa per la morte del figlio, riscoperta dell’amore ancora intatto per la moglie. Pur rimanendo a casa, anche Maureen percorre un cammino che la porta dapprima a sentire la mancanza di Harold e poi ad ammettere i propri errori perdonando e accogliendo infine il marito. Il suo attaccamento al figlio con il quale continua a parlare anche dopo la sua scomparsa la priva dei contatti umani reali, sia con Harold che con altri. Emblematico il fatto che nasca un’amicizia con il vicino di casa quando Maureen si rende conto di quanto sia rimasta chiusa nel proprio dolore, al punto da mettere una spessa cortina tra sè e il mondo esterno, rappresentata dalle tende alle finestre. L’epilogo consente alla coppia di ritrovarsi con desideri e sentimenti ancora vivi nonostante l’età e le vicende drammatiche, con la risata finale che li riporta al loro primo incontro e allo stesso tempo cancella le incomprensioni degli ultimi vent’anni. Quella che esce completamente sconfitta invece è Queenie: si sacrifica per amicizia e compassione assumendosi la colpa che la porta al licenziamento e vive una vita solitaria che finisce in modo così tragico. Siamo rimasti tutti colpiti dalla descrizione fin troppo accurata e atroce della malattia di questa donna così generosa. Non ci aspettavamo certo il miracolo, ma il lieto fine della coppia che si ricompone lascia comunque nel lettore l’amarezza per questo personaggio che perde su tutti i fronti. Ci siamo soffermati sul significato delle scarpe con cui Harold si ostina a camminare e sul fatto che non le voglia cambiare anche quando ne avrebbe l’opportunità: sono le sue scarpe, come egli stesso dichiara, e forse rappresentano quella parte di sé che fa fatica a lasciare alle spalle e che solo al termine del lunghissimo percorso, giunto alla porta di Queenie, potrà finalmente abbandonare. Il viaggio di Harold procede lentamente nella prima parte, mentre percorre i primi chilometri, poi subisce un’improvvisa accelerazione dopo che il gruppo lo abbandona. Come lo stesso Harold, anche noi lettori abbiamo trovato fastidiosa la presenza dei numerosi pellegrini che a lui si affiancano senza condividerne pienamente lo scopo ma per mere ragioni personali ed egoistiche. Una lettrice infine ha trovato un’analogia tra il romanzo e il film “Supernova” del 2020.