Furore - John Steinbeck

La nostra recensione

Giudizio pressoché unanime per il romanzo di Steinbeck che è entrato nel cuore di tutti i lettori per la sua carica emotiva e la potenza narrativa. In libro molto complesso e articolato, dal quale sono emersi molteplici temi: l'attaccamento alla terra e il dolore di chi è costretto a lasciarla, come i Joad e come i migranti e gli esuli di tutte le epoche e i luoghi del mondo. Il profondo senso della famiglia e il ruolo centrale della mamma/moglie per tenere uniti i suoi componenti. Il crollo del sogno americano di una nuova vita e di un avvenire migliore. L'esordio è una lunga parte descrittiva del paesaggio, fin troppo particolareggiata e prolissa per qualcuno, ma che permette al lettore di sentire il sole cocente, la polvere persistente, la durezza di un clima e il male di vivere di quel luogo. Si entra poi nella vicenda umana dei Joad: le poche cose caricate sul camion, il dolore tangibile degli anziani nonni, l'inizio di una lunga odissea.Il realismo del romanzo è ulteriormente accentuato dai capitoli di taglio giornalistico e didascalico che enfatizzano la denuncia sociale del romanzo. Il protagonista è Tom che all'inizio può sembrare un sbandato e che via via assume un ruolo centrale raggiungendo una consapevolezza e una capacità critica che lo distingue dal resto dei suoi famigliari. E poi c'è Ma', questa donna forte e protettiva, che si fa carico di tutti, li sprona ed incoraggia e non si abbandona mai alla disperazione. Un personaggio straordinario che impara ad adattarsi, accettando di lasciar andare i componenti della sua famiglia in nome di una scelta individuale che travalica il bene collettivo del gruppo famigliare. Anche Rose of Sharon matura e la ragazzina piagnucolosa si trasforma in una donna soccorrevole e salvifica, con un epilogo straziante ma che lascia un filo di speranza e che a qualcuno ha ricordato la Pietà di Michelangelo. Una lezione di umanità in cui chi ha poco lo condivide comunque con gli altri, dove la solidarietà prevale sull'egoismo. Associarsi e unirsi agli altri, vivere alla pari in cui ciascuno si assume delle responsabilità senza dover ricorrere alla violenza, come nel campo governativo, sembra essere per Steinbeck l'unica via di salvezza, più della fuga stessa, di fronte ai cambiamenti sociali ed economici in atto. Altra figura rilevante è quella di Casy, predicatore fallito che ha dovuto rimettere in discussione tutto ciò in cui credeva e che possiede una spiritualità tutta sua che trascende la religione e i dogmi tradizionali ma non per questo è meno toccante e significativa. Tutti i protagonisti possiedono un profondo senso di dignità, nessuno si dà per vinto, accettando la vita per quello che è anche quando porta solo sofferenza e rabbia. Steinbeck fotografa la drammatica situazione senza nemmeno spiegare cosa provano i personaggi, ma adottando la tecnica dello "show don't tell" che permette al lettore di vivere in prima persona gli eventi narrati. Basta un dettaglio, un gesto, poche parole in un dialogo e tutto la miseria, lo scoramento, la frustrazione, diventano parte del lettore. Lo scrittore racconta i grandi cambiamenti storici e la capacità o meno degli uomini e delle donne di affrontarli senza mai esprimere giudizi morali, nel tentativo di comprendere lo spirito dell'Uomo.