I ragazzi della Nickel - Colson Whitehead

La nostra recensione

Splendido romanzo, crudo e potente da togliere il respiro ma in grado di penetrare a fondo nell’animo del lettore per la sua autenticità. Tutti i lettori lo hanno apprezzato per la capacità dell’autore di affrontare un tema così doloroso senza mai entrare nei dettagli brutali delle torture e della violenza fisica, lasciando all’immaginazione del lettore il doloroso compito di calarsi negli abissi della disumanità e dell’orrore. La sua scrittura scorrevole e immediata cattura il lettore tenendolo incollato alle pagine. La vita in divenire del giovanissimo Elwood viene spezzata tragicamente per un dettaglio apparentemente insignificante - un passaggio in auto - che segna la fine delle sue ambizioni, dei suoi sogni. Questo primo snodo narrativo è già di per sé straziante per il lettore che si immedesima nel protagonista provando un senso di profonda ingiustizia e rabbia. Quella rabbia che invece Elwood domina seguendo l’insegnamento di Martin Luther King e dimostrando quindi la superiorità morale – nel lungo termine - rispetto ai suoi aguzzini bianchi. Tuttavia si ritrova solo e disperato ad affrontare non solo la violenza inaudita della Nickel ma anche la volontà di denunciarla e portarla alla luce. Nemmeno Turner condivide questo coraggio per paura delle ritorsioni. Quella di Elwood dunque è una solitudine intellettuale e morale che nessuno può capire o condividere. Non la comprendeva la nonna prima dell’incarcerazione perché pur amandolo profondamente non possiede né il suo coraggio né la sua forza. E una volta dentro la Nickel, Elwood le risparmia i dettagli dei soprusi subiti. Per Turner, che per lungo tempo rimane convinto che sia meglio chinare il capo oppure agire astutamente di fronte all’inevitabilità di un mondo ingiusto, il punto di svolta sarà la morte di Elwood: è questo il secondo snodo narrativo, che porta alla scoperta della fine drammatica del protagonista e della successiva decisione di Turner di prenderne il posto. Lo scopo è sicuramente quello di nascondersi ma anche quello più nobile di affermarsi, diventare qualcuno e continuare a vivere in nome dell’amico, di cui Turner raccoglie il messaggio e il testimone da portare avanti. Elwood è un rivoluzionario perché cerca di cambiare il mondo, un mondo con delle regole per lui inaccettabili in quanto ingiuste. Ma la sua è una rivoluzione non violenta, che raggiunge l’obiettivo a costo del sacrificio individuale, come quello di Martin Luther King. Turner, più cinico e pessimista, dopo la morte dell’amico ne eredita non solo il nome ma anche il bisogno di riscatto e di autoaffermazione. Basato su una vicenda reale, il libro angoscia il lettore al pensiero non solo delle violenze fisiche e psicologiche, ma anche delle immense potenzialità perdute di tutti gli Elwood che si sono trovati in quelle prigioni, dove agli afroamericani era riservato un trattamento ancor più disumano e bestiale. Il desiderio di Elwood di studiare e farsi strada viene spezzato e messo a tacere da una società che discrimina e alimenta l’odio razziale, un sistema che non appartiene solo al passato degli anni ’60 ma perdura tutt’oggi. Più di qualcuno ha apprezzato il personaggio della nonna, in contrapposizione ad Elwood. La nonna non vuole che il nipote esca dal sentiero che è stato tracciato per lui, che osi pretendere di più perché questo porterà sicuramente guai. In lei c’è la consapevolezza che il nipote non sappia stare al mondo - se con ciò si intende l’accettazione e la rassegnazione - proprio per la sua onestà verso se stesso. Il finale che rivela la vera identità di Turner ha spiazzato un po’ tutti e si è rivelato un vero colpo di scena. Un libro che dà molto ma che richiede anche molto al lettore: l’empatia di captare, oltre le descrizioni equilibrate e mai raccapriccianti, il male e l'ingiustizia subiti.