Ho servito il re d'Inghilterra - Bohumil Hrabal

La nostra recensione

Giudizio unanime ed entusiastico sul romanzo di Hrabal che si conferma avvincente ed emozionante anche per il gruppo del giovedì. Una storia in cui "L'incredibile diventa realtà", una vicenda rocambolesca raccontata con sorprendente ironia e verve. Un monologo molto confidenziale che a tratti emoziona e diverte e a tratti fa riflettere, inducendo un sentimento di empatia nei confronti di Jan e del suo desiderio di emergere ed affermarsi. Il protagonista all'inizio è apparso quasi arrogante e sfrontato ad alcuni, acquistando una maggior umanità con il procedere del racconto e della sua vita. La frenesia e la vivacità del giovane Jan, la volontà di riuscire e farsi strada nel mondo per lasciarsi alle spalle i complessi di inferiorità dovuti alla statura e alla povertà, si stemperano via via che il tempo passa per lasciar posto all'introspezione, all'accettazione e alla lentezza degli ultimi anni. La parabola di tante vite, l'ha definito qualcuno, il cui epilogo rappresenta il momento di raccoglimento dopo lo sfarzo della giovinezza. L'ascesa sociale di Jan corrisponde ad una ascesa spirituale e il suo testamento acquista un valore quasi simbolico da trasmette agli altri. Aver servito un re, che sia quello d'Inghilterra o l'imperatore di Abissinia, significa aver ricevuto una sorta di illuminazione, un'autoconsapevolezza che cambia radicalmente il modo di vedere se stessi e la realtà circostante. La crescita interiore tuttavia si realizza nella solitudine in cui finalmente Jan ritrova se stesso senza più la necessità di avere conferma della propria immagine da parte degli altri. In questo consisteva in fondo la sua fragilità, nella ricerca spasmodica di approvazione e apprezzamento. Questa mancanza di un'idea compiuta di se stesso e il bisogno di approvazione sono sembrati a qualcuno molto attuali. Alla fine gli animali prendono il posto delle tante figure umane che Jan ha incontrato e di cui si è circondato: ora al contrario sono gli altri, gli avventori dell'osteria, che cercano la sua compagnia. Gli avvenimenti storici scivolano addosso al protagonista non per qualunquismo ma perché è troppo avvinto dalle sue vicende personali e dalla necessità di raccontarle senza filtri, in un flusso di coscienza a volte difficile da seguire. Ironico sempre, commovente in alcuni episodi, primo fra tutti quello della nonna che al mulino raccatta dall'acqua con un gancio la biancheria dismessa dai commessi viaggiatori. Un libro generoso in cui il protagonista racconta con coraggio la propria vita mettendo in luce miseria e meschinità senza veli e rivelando le ombre e i compromessi dell'esistenza.